Corvaz è un trentenne semplice ed istintivo che lavora sodo nella vigna del padre e adora andare in giro con il suo cane Toni. La vita del villaggio di montagna è tutta incentrata sul bar, di proprietà del ricco viticoltore/ proprietario terriero e gestito dalla fidanzata del figlio. Gli uomini passano il loro tempo bevendo, tra rancori e false amicizie, quando una notte, le statue di legno che decorano la piazza, sono vandalizzate. La colpa è subito data a Corvaz. Anche Mara, l'energica barista, crede che sia stato lui. Cercando però di superare l'ostilità collettiva, lo incontra e tra loro nasce un’amicizia mentre il desiderio di vendetta della comunità diventa sempre più forte. Il codice del rispet che li ha tenuti tutti insieme, ora è infranto. Con una spedizione punitiva gli abitanti costringeranno Corvaz a reagire ed eventualmente andarsene, ma per gli altri potrebbe non esserci alternativa.
Rispet: una parola dialettale usata nei suoi due significati di onore (avere rispetto) e vergogna (non hai ‘rispet’ di fare ....?). Una forma di “rispetto” dove la ritrosia, il ritegno, la vergogna, sono emozioni che portano le persone a soffocare sentimenti e desideri pur di non violare gli equilibri consolidati di una comunità e rischiare di venire derisi o esclusi.
Raccontare i malesseri delle comunità di montagna è un atto d’amore, dice la regista Cecilia Bozza Wolf, così come lo è un titolo come RISPET, una parola dialettale trentina che racchiude in sé un mondo di emozioni e di conflitti, un sentimento ambiguo che oscilla tra l’onore e la vergogna, capace di condizionare nel profondo i comportamenti degli abitanti delle comunità montane.